La globalizzazione ha i suoi aspetti negativi e positivi.
Permette purtroppo a grandi aziende d’oltre oceano di fare concorrenza a piccoli coltivatori e pescatori locali grazie alle economie di scala, portando alcuni lavori a rischiare l’estinzione con la perdita anche di vecchie tradizioni.
Permette anche a chiunque di potersi trasferire a lavorare dall’altra parte del mondo riducendo significativamente i tempi di trasferimento e la difficoltà nel rimanere in contatto con i propri cari.
Oggi, è innegabile, le persone si spostano per lavoro molto più di quanto facessero i nostri genitori o i nostri nonni. Un ragazzo che gira l’Europa con progetti Erasmus o va negli USA a fare un master è una cosa quasi normale.
È proprio dei giovani che mi interessa parlare. Di tutti quelli che viaggiano per studiare, alcuni fanno esperienza all’estero e rientrano in Italia; altri invece restano a lavorare fuori e si stabiliscono lontano dal proprio luogo di origine.
Ormai gli Stati sono diventati delle aziende: offrono dei servizi
- istruzione
- sicurezza
- cultura
- benessere
- sanità
- servizi pubblici
- conservazione e cura del proprio territorio
ad un prezzo, le tasse.
Chi non si adegua perde clienti. Ossia cittadini.
Più nello specifico dobbiamo seriamente iniziare a chiarirci su che tipo di Italia vogliamo costruire. Semplificare la burocrazia, curare i parchi e i monumenti, ridurre i tempi di attesa per gli esami medici, eliminare la criminalità organizzata e la corruzione non è “una cosa che forse sarebbe meglio fare”, ma un must per sopravvivere come paese. Altrimenti ci ridurremo come quei piccoli paesini di montagna o di provincia che si sono svuotati quando le grandi città hanno iniziato ad attirare giovani in cerca di lavoro: un paese di vecchi che vive solo più di ricordi e gloria passata.
Eliminare i problemi esistenti oggi è solo il primo passo per costruire qualcosa di solido e duraturo che possa richiamare chi è scappato o chi avrebbe voglia di venire a vivere o investire ma ha troppa paura di instabilità, regole poco chiare e di uno Stato che prima ti considera un evasore e un delinquente con soli doveri e poi, forse, anche un cittadino con dei diritti.
In un altro articolo ho parlato della differenza fra PIL (Prodotto Interno Lordo) e FIL (Felicità Interna Lorda). È proprio dalle basi, dalle fondamenta che dobbiamo iniziare a chiarirci. Sono questi i dibattiti che vorrei sentir fare dalla politica. Vorrei vedere confronti intelligenti con idee, progetti e le motivazioni che li sostengono. Dici che sogno troppo in grande?
Dipende da noi. Da me. Da te. Non lo ripeterò mai abbastanza.